Back from Copenhagen where I could give a short class in “Small Room Acoustics”.
My special thanks to Cheol-Ho Jeong, Associate Professor at DTU, and Anders Christian Gade, from Gade & Mortensen, for their kind invitation and support.
Non so perchè non lo abbia mai messo online prima, e a dire il vero non lo so neanche ora.
In ogni caso, ecco una sorta di diario di viaggio che ho scritto durante il viaggio con la mia vecchia Saab verso Copenhagen (cph), ben 10 anni fa.
Ci andavo per finire il dottorato in acustica (“Agora Acoustics. Acoustics of public squares”).
Ci sarei rimasto un anno e sarebbe stato uno degli anni più importanti della mia vita.
Ecco, chi ne ha voglia, può scaricare il mio diario, cliccando qui: Diario di bordo – VA – KBH.
Sono una dozzina di pagine e ci sono pure delle foto.
Buona lettura.
D
– Il percorso prevede il pagamento di pedaggi.
– Il percorso prevede una tratta in traghetto.
– Questo percorso attraversa più Paesi.
Caro Gogo, mi chiedi di scrivere qualcosa di qui, di CPH, o KBH, a seconda. Così spero che le prossime righe, prese a caso tra i miei ricordi recenti, ti invitino a voler respirare quest’aria, così diversa. Sì, perché qui si respira la calma. È difficile spiegarsi, ed è difficile anche accorgersene, credo, se si viene qui come turisti. Perché il turista, essendo di passaggio, non può che assaggiare e andare via, e la calma, si sa, non è amica del poco tempo, o di un solo w-end (weak end).
È come il basso in una band, hai presente? C’è ma non si sente, o meglio deve scomparire per accorgerti che prima era lì, ad avvolgere ogni cosa in maniera discreta.
La discrezione. E la calma. Intorno.
Ecco quello che sento dopo 2 mesi che vivo qui.
Così, spesso le persone, anche, diventano invisibili, almeno per noi che abbiamo bisogno che una cosa sia stra-ordinaria per accorgerci della sua presenza.
È strano ma è così: impari a sorprenderti delle cose normali.
Notare la discrezione, la calma, le cose che sembra facciano di tutto per sfuggirti.
Così, le cose non hanno bisogno di sembrare qualcos’altro. (Le case sono a forma di casa.) (Le persone ti sembreranno fredde, ma fa parte della parte, è coerente con il loro modo di apparire sfocati.) Tutto sembra così in tema, così, appunto, in linea con ciò che è intorno. Tutto è luminoso ma pacato come la luce decisa da questa latitudine. Non c’è nulla che abbaglia, che fa sensazione, che colpisce. Si tratta, semmai, di un pugno al rallentatore: hai tutto il tempo per spostarti, ma poi decidi (senti) che vale la pena di rimanere lì, per farsi colpire da un cosa che nel frattempo si è trasformata, per forza di cose, in una specie di carezza.
Così, alla fine impari ad osservare proprio ciò che rimane nascosto.
Forse sotto sotto ti aspettavi che ti parlassi dei palazzi, dei monumenti (di certe statuine), o del fatto che qui il vino italiano costa meno che in Italia (“poritalia”), o che CPH (o KBH?) è semplicemente bellissima (it’s wonderful); ma in fondo queste cose le puoi trovare in qualsiasi guida, e scritte anche meglio.
Ho preferito raccontarti la normalità, quella di tutti i giorni, e così diversa dalla nostra.
Un mondo dietro un sottilissimo strato di carta velina.
[dariopaini (c) per un numero di Thea. Cph, aprile 2004, dentro un bar bellissimo, dove si può bere un caffè, leggere un libro preso dalla libreria o portato da casa. L’Adele non era ancora nata ma era già con noi]
Cliccando qui è possibile scaricare l’articolo completo pubblicato sul numero 11 di Arketipo.